venerdì 16 aprile 2010

Estiva, restia.

Passeggiavamo quella sera d'agosto, non si poteva far altro.
Le nostre mani saldamente legate e la bocca che a tratti s'apriva, gli occhi che a tratti si chiudevano.
Il castello alle nostre spalle era pesante, imponente. Il nostro corpo nudo e solamente qualche cespuglio, che rideva di me e te.
Il mio corpo scheletrico, quei fianchi sporgenti e quel seno quasi assente, non facevano altro che riordarmi i motivi per i quali ero lì: bisogno di tristezza e voglia di dolore. A Milano, il parco Sempione , sapeva essere triste anche all'imbrunire, anche in agosto.
Ci guardavamo e vedevamo il bianco, il bianco e il grigio. Il verde degli alberi e l'azzurro dell'acqua erano per noi imprecettibili. Così, per rabbia forse, decidesti di correre.
Dopo qualche metro caddi su quel terreno sabbioso e tu non te ne curasti. Mi trascinavi. Sentivo dolore e facevi il mio bene. Esausto ti fermasti, guardasti le mie ginocchia insanguinate e ci sputasti su. Alzasti gli occhi e vedesti il mio volto. Ero piccola, fragile, indifesa. Consapevole di dover morire forse. Sorridesti. Mi lasciasti lì in mezzo, stesa su un arido terreno, morente.
T'allontanasti piano e non sentii nulla.
Ti sdraiasti sull'acqua di quel piccolo lago che pian piano tornava azzurra. Affondasti così, senza far rumore. Con leggerezza. Ero triste. Quindi felice.

mercoledì 14 aprile 2010

e raggiungere Dio.

Le borse scendevano dal cielo. Un cielo azzurro, sporco di bianco.
Passeggiava serena con i suoi lunghi capelli, pieni di luce. Mi soffermai anch'io ad osservarla, era
d'una bellezza inumana. Sfilò allora il suo pettine d'oro dalla tasca e ne leccò la punta. Rise.
In quella giornata di confusione tutto sembrava fermo. C'era spazio per lei.
La canzone del momento volava fra orecchini, pentole e dischi. Qualcuno canticchiava, altri avvicinavano qualche signora urlando.
Lui passeggiava con gli occhi bassi ma so che la tristezza non lo sfiorava.
Estrasse un coltello ben affilato dalla sua giacca beige. Lo puntò fra i seni di lei, immobile. Impassibile. Senza paura. Un impari duello, direste.
Un gioco di mani e occhi, di carezze e lacrime.
Uomini tutti uguali avevano formato un cerchio lì attorno. Fascino e paura: questi i sentimenti.
Lì il sole, vicino l'ombra, lontano il buio. L'immagine era bloccata.
La bocca di Tom, il venditore di tovaglie, era rimasta irrigidita e aperta.
Lara teneva ancora quellle monetine in mano, aspettava silenziosa che il negro la facesse pagare.
Anna rimboccava le maniche del suo sporco camice. Il suo rozzo marito mangiava frettolosamente l'hot dog. La maionese sporcava il tavolo rosso. Fu il primo a muoversi.
La musica, di lì a poco, ripartì.
Pensò bene di ripagare il suo coraggio. Spinse dentro il coltello non senza tremare.
Niente di rosso.