sabato 28 agosto 2010

da lontano raccontavo

S'ingozzava e singhiozzava.
Camminava avanti e poi tornava indietro e non sapeva più fermarsi.
Scansava la gente e accarezzava i cani e contemplava le mosche.
La paura era finita. Sapeva come sarebbero andate le cose adesso. Forbici e lametta in bagno. Guardava la sua immagine riflessa allo specchio ancora bagnato: essì..era davvero magnifica. Bella. D'una bellezza inutile e senza potere. Non le restava altra scelta.
John la stava cercando e, probabilmente trovandola, l'avrebbe uccisa.
Forse poteva ancora fuggire e cambiare la vita. Prese le forbici e così tagliò i suoi lisci capelli. Piangeva e rideva. Disperata passò la lametta sulle sue sopracciglia.

Urla ora. E' ancora splendida.
Occhi verdi e labbra disegnate. Muove i suoi fianchi davanti allo specchio.
Oh, che bel sorriso.

Non sa più fermarsi. Si spoglia e continua a ballare.
John ha lasciato lì i barattoli di vernice blu e lei decide di gettarli sul corpo.
Alza il volume della radio e salta. Salta sempre più in alto.
Bussano alla porta. Si siede e piange. Aspetta. Gioca con il colore. Pensa che avrebbe dovuto scoprirne la bellezza molto tempo prima.
Ma è tardi, si sa. E' triste saper di dover morire.



Ne sono passati di anni da quel giorno e scopro solo adesso che lui aveva già capito ogni cosa.
Gli umani non sono umani.

4 commenti:

  1. Sei riuscita a trasmettermi nella seconda parte del tuo scritto uno stupendo senso di movimento quasi schizofrenico, frenesia e di forzato cambiamento.

    Mi è piaciuto, come già ti ho detto.

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  2. Ciccio patata, una volta.3 novembre 2010 alle ore 11:12

    è amica mia

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  3. Ed è bella.
    Si, è proprio bella.

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